Mentre ero seduto sul water, e mi pulivo il culo, ho cominciato a piangere. Ho strappato un altro pezzo di carta igienica, e ho continuato. Ho poggiato la testa contro il muro, ho sospirato, e ho strappato un altro pezzo di carta igienica.
In questi giorni in cui sento la sua mancanza più di altri.
Io continuo a fare le mie cose. Metto in ordine in casa di tanto in tanto, sistemo le piante, mi faccio delle uova strapazzate. Esco, mangio, bevo, saluto, rido e sorrido, faccio battute o discorsi seri.
Ma Davide mi manca comunque, certi giorni di meno e altri – come ora – inspiegabilmente di più.
Mi fa soffrire che questa storia d’amore che avrebbe dovuto finire sui giornali e farci una serie Netflix o una trilogia al cinema finisca per ricordarla solo io.
Scherzo eh: è giusto così, è tutto nella mia memoria. Ma un po’ mi fa soffrire davvero che muoia con me.
Gli infiniti momenti, dettagli e sfumature della nostra vita insieme, che erano patrimonio di coppia, ora restano a me. E anche a raccontarli, non sarà mai la stessa cosa, non saranno mai ugualmente tridimensionali.
Così va la vita. “Ainci va sa vida”, direbbe la Raffaele con brutto accento sardo.
Mi spiace ritrovarmi ogni tanto a scrivere del mio amore bello e della mia storia triste. Non mi permetto di esser solo quello e boh, credo che si veda, come lo sforzo che faccio per essere ottimista, articolato, interessante, vivo. Perché la vita si vive.
Ma ogni tanto, non mi va giù. Scusatemi.
