In questi giorni sono molto arrabbiato.
Faccio le mie cose, e ogni tanto scappa via un gesto isterico: oggi una felpa buttata a terra con stizza mentre selezionavo i panni da lavare, ieri schiaffi sulla pelata (da solo, mah) come se fossi in una scenetta del Benny Hill Show, l’altro giorno ancora un urlo in macchina. Cose così: niente di drammatico, tutto molto scenografico.
“Scappa via” perché poi me ne accorgo, mi fermo, trovo tutto ridicolo, e continuo con le mie cose. Più o meno normalmente. Piccolissime parentesi, è giusto un attimo.
Come con una febbre, covata e non ancora esplosa, il mio corpo o la mia testa sa che c’è qualcosa che non va, e allora sono giorni che vivo in risparmio energetico, faccio ogni cosa con lentezza, procrastino, mi distraggo moltissimo. Visto che non sa quanto sia picco il picco, quanto sia fondo il fondo, credo che abbia deciso – neanche fosse un meccanismo automatico di sicurezza – di appiattire il diagramma: è tutto più o meno ovattato.
So cosa sta succedendo, so perché sta succedendo, so che è una cosa momentanea e quindi, in qualche modo, usando un inglesismo “pusho-through”. Mi infastidisco per la mia inefficienza – maledetta cultura capitalistica dell’imperativo della produttività – ma, allo stesso tempo, penso che sia naturale, e cerco di non drammatizzarla troppo.
Questo stesso post serve a questo: a dare un confine a questa cosa, a non ingigantirla troppo, e sì: a tenere a bada i miei sensi di colpa. Vi sto avvertendo: sono così, per qualche giorno sarò così, portate pazienza. Poi ritorno normale.
